"Thro' evening shades I haste away / to close the labours of my day."

Archivio per aprile, 2012

La Saggezza della Luna 6

Quella in cui si trovava era una foresta più selvaggia e antica dei boschi verdi della sua infanzia. I suoi sentieri erano più vecchi, spettrali, le sue radici oscure. La foresta di una ballata, popolata di scoiattoli rossi e biancospini; lupi, ricci, prugni selvatici e streghe; guardiane d’oche, porcari e cigni trasformati in uomini. Gli uccelli parlavoano e, se si assaporava il loro sangue, si comprendeva il loro linguaggio doloroso, e le foglie, cadendo, raccontavano una storia infinita; i sentieri portavano a incontri più lontani, destini più oscuri, ma mai per caso. La foresta era tutte le storie esistenti e alcune erano celate negli alberi. Non c’erano nuvole, le avevano ripiegate e messe via; non c’era il sole, non c’era la luna, ma lei l’avrebbe trovata: era parte della foresta. Una tessera del rompicapo. Se non avesse cercato, avrebbe trovato tutto: gli occhiali della strega, la luna e le stelle, la spada e i bambini nudi, neri come la notte.


Inaugurazione Stagione Grigliate ’12

La famosa “birra a caduta”

I modi bizzarri di esprimere virilità ed epicità…

…modi che si esprimono meglio in compagnia.

Anche le ragazze, comunque, si divertono…

…in svariate maniere.


Canonate

Il papi mi ha prestato per un paio di giorni il suo CANONe.


Pesa un’assurdità, è un 70-200 di tutte lenti, non potevo non provare l’ebbrezza… ma tanto le foto vengono pubblicate in bassa risoluzione, quindi ciccia.


Nyame 1

«Che cosa ti ha detto?», chiese Shen. Giacevano immersi nell’oscurità fitta della barrandir, uno accanto all’altra, infagottati nelle coperte.
Nyame sospirò. «Abbiamo parlato», rispose. «Anche del perché gli Sciamani non riescono più a viaggiare oltre la Porta. Ci sono delle cose che non seguono più l’ordine naturale, delle cose morte, che invece di incanalarsi ordinatamente per essere riassimilate dal cosmo e rinascere rinnovate, vengono richiamate indietro, nella direzione opposta».
«Non sono sicuro di aver capito bene, Ny», ammise il suo compagno.
Lei si passò le mani sugli occhi, come se questo potesse schiarirle le idee. Hel aveva ragione, avrebbe dovuto dormirci sopra; nel frattempo, però, si decise a tentare di descrivere il procedimento così come era stato mostrato a lei. «Immagina di vedere una ruota che gira seguendo il corso del sole; ad est sorge la vita, compie il suo decorso fino all’ovest, dove si spegne e muore, e continua sotto diverse sembianze di nuovo verso est, attraversando il Mondo Sotterraneo, per poi rinascere. Ed ora immagina che ci sia qualcuno, ad ovest, che prende alcune di queste vite in declino e le ributti verso est, controcorrente: esse hanno un altro decorso, e quando infine vanno a spegnersi ad est, non c’è più un passaggio che consenta loro di trasformarsi e rivivere. Perciò si depositano lì. E impediscono agli Sciamani di viaggiare tra i Mondi». Fece una breve pausa. «Io credo che si tratti dei Demoni Grigi. Ad ogni modo, questo lo sanno anche gli Sciamani, anche se non conoscono il Nuovo Ordine e forse non immaginano che si tratti di questo. Il punto è che, secondo Mathis, io posso passare dove loro non riescono, perché il mio ciclo vitale è diverso dal vostro… insomma, perché invecchio più lentamente, o qualcosa del genere». A quel punto ridacchiò. «Non è divertente? Io non sembro una ragazzina… io sono una ragazzina!».


La Saggezza della Luna 5

Lui scomparve dietro un cespuglio stillante di pioggia. Ariane gli andò dietro, impigliandosi nei rovi che la spruzzarono d’acqua. – E’ un oggetto incantato, credo. Trattiene la luce.

– Certo, se vuoi che sia così, è così – disse lui, annuendo serio con gli occhi fissi sulle sue scarpe.

– L’avevo abbandonato in un’altra foresta, non in quella di Cloud… in un altro mondo.

Stupito, l’uomo si grattò il naso. – E’ un indovinello? Anch’io ne so uno, molto difficile.

– Sto parlando delle stelle, i destini – continuò lei disperata. – Sono in due mondi diversi…

L’uomo si voltò e sorrise ad uno scoiattolo. – Certo, come le tue guance. – Questa volta, ricordando qualcosa delle buone maniere, alzò gli occhi e le parlò guardandole il gomito. – E chi non lo è?


L’altalena

Stasera, mentre ero per strada, ho visto una bambina che andava in altalena nel giardino di casa sua, e all’improvviso il mondo è diventato perfetto. Oggi fa caldo, finalmente in cielo non c’è una nuvola, nell’aria c’è odore di primavera inoltrata e io sono in vacanza fino a mercoledì pomeriggio. Non è fantastico?

Ieri abbiamo spostato i cavalli nell’ultimo pascolo; sono andata su sola, intorno alle 3 e mezza, e mentre aspettavo che arrivasse anche Yuri mi sono messa le cuffiette e ho cominciato a potare selvaggiamente tutti i rami e gli arbusti che toccavano il filo elettrificato della recinzione. Ora ho una specie di vescica rossa e dolorante sul dito indice della mano con cui brandivo le Cesoie della Distruzione, però sono stati bei momenti di vita agreste. Ai cavalli piace averci lì intorno… passano praticamente tutto il loro tempo a mangiare, ma di tanto in tanto si avvicinano anche a ficcare il naso… Soprattutto da quando gli ho comprato i “vizietti” al consorzio agrario, un pacco alla mela e uno al lampone. Erano in offerta, insieme ai paletti provvisori per il recinto… non si poteva non provare ù__ù
Dolcetti a parte, con Naomi sento di aver cominciato ad ingranare davvero. Non è particolarmente coccolona – mentre invece Isabeau, ad esempio, cerca di più il contatto umano, soprattutto se può scroccare grattini sul collo – però è molto attenta a dove vado e cosa faccio; mi viene incontro quando arrivo, mi fiuta, mi concede di essere la sua “spalla del prurito” e struscia la fronte contro la mia schiena… giusto un pochino, per non perdere l’abitudine di fare la preziosa, ma sono comunque piccole cose significative che mi fanno piacere. Lo sento anche quando ci facciamo i due passetti a pelo in giro per il prato, mi guarda un po’ come a dirmi “solo perché sei tu“.

Oggi sono riuscita a restare di buon umore, nonché paturnia-free, anche senza il caffè. Ho un terrificante bisogno di DORMIRE perché soprattutto nelle ultime due notti non ho riposato praticamente niente e sento che c’è l’emicrania in agguato, ma a parte questo posso dire di sentirmi discretamente in forma, speriamo che il fantomatico “cambio di stagione” sia passato. Stamattina m’è persino balenata per la testa l’idea di riprendere la vecchia storia di Nyame e Shen… probabilmente se la rileggessi ora la troverei scritta piuttosto da cani, ma erano una bella coppia, sarebbe un peccato lasciarli nel dimenticatoio.


Compromessi

“No, vabbe’, la striglio un po’ perché è veramente fangosa. No però non la sello, non stiamo via tanto. No, ok, voglio godermi i frutti del mio lavoro. E ho bisogno di contatto equino”.

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Inserire un titolo a caso.

Hmm… no, non credo che sia una questione di “essere beati”, ma semplicemente le conseguenze – abbastanza prevedibili – delle scelte che ho fatto. Non ci vedo una beatitudine particolare, tutti siamo il frutto delle decisioni che abbiamo (o non abbiamo) preso finora.
Stamattina aborro l’inerzia, la mia e anche quella degli altri, quando si presenta. Aborro anche le mie gambe per niente pronte ai pantaloni corti, ma a questo si pone rimedio facilmente. E oggi non ho intenzione di aspettare nessuno… Yuri mi ha fatto venire il fastidio; perché deve dirmi “ho voglia di stare con te” e invitarmi a pranzo dai suoi quando io ho casa – anzi, case – libere per tutto il giorno? Dice che è perché aveva sonno e ha dormito fino a tardi. E allora? Il mondo finisce alle 11.20 del mattino?
La verità è che non lo vuole abbastanza. Oggi aborro tutti quelli che si lamentano di una situazione che non hanno veramente intenzione di cambiare, perciò adesso ci sono solo io per me che sono in ferie e faccio quel che mi pare, come mi pare e quando mi pare. Ho gli strumenti del potere: la macchina e il bancomat. Se ho voglia esco, se non ne ho voglia faccio a meno.

Quello che più mi piace de La Saggezza della Luna è la miriade di particolari di vita rurale che la Gilman ci ha cacciato dentro. C’è sempre un bollitore del tè pronto da mettere sul fuoco, una coppia di tazze sbeccate, impronte di fango sul pavimento, foglie morte qui e lì. Di tutto il resto, in fondo, si capisce davvero poco: dove sia finita Sylvie, cosa sia e da dove sia spuntata Craobh, di cosa campi Ariane nella vecchia casa vicino al bosco. Non importa… così ogni volta che lo rileggo colgo sempre qualcosa che prima mi era sfuggito.

Si sta già rannuvolando… bello schifo. Tira vento e quasi quasi io vado a rimettermi il maglione.
Comunque ho sognato libri, vecchi volumi che una mia amica (una persona che stimavo molto, prima di scoprire con chi fa comunella) aveva dimenticato fra le rovine di una vecchia casa in mezzo ad un bosco, e che a me interessavano e non volevo restituirle prima di averci dato un’occhiata. Forse mi sto perdendo anch’io in uno dei miei universi paralleli, per questo sto qui ad annotare pensieri sparsi mano a mano che mi vengono in mente (una cosa che faccio sul moleskine di solito, non online) senza trovare una conclusione decente al post. Aggiungo frasi a caso e pubblico.
Magari stasera mi faccio una doccia calda e mi metto a scrivere, ma ora come ora resta da vedere se il tempo regge e riusciamo almeno ad andare a dare una sistemata dai/ai cavalli. Ci sarebbero milioni di cose da fare, tra cui sistemare la casetta nel tentativo di renderla non diciamo “abitabile” ma almeno da eliminare il rischio setticemia. E da appendere un altro gancio nella selleria. E fare il giro dei pali del recinto per contare quanti e quali è meglio buttare e sostituire con roba nuova. E fare l’inventario dei medicinali. Ma-serve-che-non-piova, perdio.
Un’altra giornata di ferie buttata =____=


Sì, era ora

La spintarella definitiva me l’ha data una delle mie nuove colleghe, Fabiane… non importa che al momento io non abbia più la mia portinaia di fiducia (la nonna di Yuri – NdA), in qualche modo farò, anche a costo di prendere appuntamento e andare io a ritirare il mio pacco alla filiale del corriere.

Alla fine, di tutti i titoli che avevo in wishlist, ho scelto:

“Wyrdworking: The Path of a Saxon Sorcerer”
“Seidr: The Gate is Open”
“By Oak, Ash, & Thorn: Modern Celtic Shamanism”
“The Witches’ Book of the Dead”
“Celtic Lore & Spellcraft of the Dark Goddess: Invoking the Morrigan”
“Elves, Wights, and Trolls: Studies Towards the Practice of Germanic Heathenry: Vol. I (v. 1)”
“The Druidcraft Tarot”
“Roles of the Northern Goddess”
“Witchcraft and the Shamanic Journey: Pagan Folkways from the Burning Times” 

Yum yum. E senza spendere cifre spropositate (rispetto alla stima italiana per cui un libro costa mediamente intorno ai 20 euro): ce ne ho lasciati 155 – arrotondati per eccesso – spese di spedizione incluse. Non è propriamente un regalino, ma ci stava.


Magari è ora

Se non avessi un portatile, oggi pomeriggio sarei uscita a comprarne uno. Di stare ancora seduti davanti ad un pc non se ne parla proprio, almeno per 3-4 ore… sono lesa, erano tutti lesi stamattina, si vede che è nell’aria. Voglio stare a letto – tanto fuori il tempo è ancora uno schifo.
Era bello ieri sera, quando siamo venuti via da casa di Nivan… ci pensavo intanto che ero qui con Yuri a guardare I Duellanti: sono stata praticamente tutta la domenica pomeriggio con Talita a mangiare muffins con il caffè, mentre nello scantinato i maschietti trasudavano ormoni nel clangore delle spade; non si discosta tanto da quello che era il nostro Mondo Parallelo quando eravamo ragazzine. E’ bello constatare come, in mezzo a tanti momenti “sbagliati” in cui mi sento semplicemente come se io non appartenessi a questa realtà, né lei a me, ogni tanto capiti anche l’opposto.

Avevo messo in preventivo il fatto che avrei pensato ad Isabella, e tant’è. Venerdì sera ero così presa dal libro (e dalle mie relative elucubrazioni) che ho dimenticato di cenare. Non che io mi immedesimi particolarmente in Sylvie, ma non posso fare a meno di identificare lei con Ariane – ma giusto perché sarebbe quello che piacerebbe a me. In verità siamo entrambe MOLTO lontane sia da una che dall’altra, o piuttosto si potrebbe dire che le caratteristiche si sono mescolate e sono state abbastanza equamente ripartite. Oppure boh. Del resto, è talmente tanto tempo che non ci sentiamo, che sarebbe molto ingenuo da parte mia dire di conoscerla ancora.

Chiudiamo la parentesi emo.
La mia wishlist su Amazon sta diventando un po’ troppo corposa… magari è ora di comprare qualcosina 😛


La Saggezza della Luna 4

Enigmi, nodi. – Ma eravamo in due a fare questo gioco. Perché non posso seguirla?

Il sogno stava cambiando, parole e immagini si confondevano. La foresta non sembrava più un piccolo mondo circonfuso da un alone, isolato nell’oscurità, ma aveva dentro di sé le tenebre. Ora Ariane poteva vedere il fiume di pietra nera oltre il quale Sylvie era scomparsa perché voleva raccogliere una ghirlanda di fiori pallidi in un luogo remoto o arrivare alla torre oscura circondata dai rovi. Sylvie era andata via chiamata lontano dalla terra per essere la stella cadente della sibilla, il lampo: la Spada.

Seguila, penso Ariane e sentì il brivido del mondo notturno. Negli squarci del sogno, Ariane giaceva immobile accanto a un fuoco morente e le ceneri cantavano come uccelli di cristallo. Dove? In nessun luogo. Ma la luna gridava: Ora. Il suo desiderio batteva furioso contro un muro di rovi. Ariane non era la Spada, come avrebbe dunque potuto viaggiare? Lei era la luna oscura, la Torre, la Strega, ambigua, prigioniera di desideri di pietra, nodi, viluppi aggrovigliati. Lei era la Coppa: cieca, teneva alto uno specchio per riflettere la luna, ma lo specchio le sfuggiva. Eppure lei fissava oltre il velo di luce le ombre, il bosco.

La bambina disse: – Quella non è la tua strada.


La Saggezza della Luna 3

Le storie che avevano scritto erano tutte lì. Mucchi di taccuini gualciti, stipati in cassette di metallo e scatole polverose: gli anni liberati dalla loro prigione traboccavano. Storie scritte a due mani, melodia intricata, scrittura precipitosa, antifonale. Mentre il sole tramontava sfogliarono insieme gli anni, ricordando, tornando indietro nel tempo, mentre la candela si consumava sul davanzale. La scatola con il copercghio curvo dalle cerniere di ferro era aperta. La chiave non c’era. Sul pavimento le mappe arrotolate di Sylvie, tenute aperte da alcuni libri; il foglio di un erbario, seme e calice schizzati con una penna a sfera; un volto doloroso fra i calcoli numerici; i suoi racconti di Alder e i suoi codici di Lune, storiografie in prosa di re mitici.

Il tesoro di Ariane – i mondi in miniatura che si portava sempre dietro – le giaceva in grembo, intatto. Prese in mano, a uno a uno, i libriccini fittamente coperti di scrittura, con gli angoli gualciti: i caratteri runici, i nove alfabeti miniati degli alberi e delle stelle, l’elenco di nomi, miti e incantesimi, e il breviario delle streghe.

Nelle poesie di Ariane, le foglie, cadendo, pronunciavano profezie, il sangue degli dei guerrieri stillava in gocce di cristallo. Le storie di Sylvie esprimevano una sofferenza austera, inerme, umiliata, e una gioia sfrenata. Scriveva di tradimenti, pazzia, morti di re; di Troni, Dominazioni, perdita di virtù e di potere; di lotte contro il male e di amore.

– Scrivere senza usare le carte fa uno strano effetto – disse Sylvie. – Viene fuori robaccia.

Le carte erano di Ariane. Una specie di tarocchi, le cui immagini bizzarre raffiguravano le costellazioni dei Nove Mondi, il loro sole e tutte le fasi della luna. Ariane aveva tratto ispirazione per le sue immagini dalle canzoni e dalle ballate conosciute, come se quelle che Sylvie cantava non fossero invenzioni ma storie vere accadute in altri mondi: quel che restava di miti lungamente raccontati. Nelle carte di Ariane, la torre del nobile Rowland era la luna oscura, infausta e mutevole; e Burd Ellen giocava a palla fra le Pleiadi, la sua stella errante celata alla vista.

Non stavano facendo una vera divinazione; anche se, lucenti come foglie, le immagini erano sparse sul letto: la Spada, la Nave, l’Arpa d’Osso; la Forca e lo Scricciolo; la Strega, la cui capigliatura era una galassia; la Vergine o la Sibilla, che spargeva foglie profetiche; l’Albero; la Torre e la Lepre e tutte le altre. Con queste carte, Ariane interpretava gli schemi mutevoli ed intricati dei Nove Mondi, gli ascendenti, mentre Sylvie prediceva il loro destino.

Sylvie raccolse le carte, formò il mazzo e lo mescolò. E’ difficile proseguire il gioco, pensò: rischioso e complicato. Una fuga, un atto di fede: come navigare nelle rapide di notte. Come essere sognata. Non ho più la mano, pensò. Mescolando con gesti rapidi e decisi le carte, si rivolse ad Ariane. Sul volto un’espressione maliziosa, di sfida. – Giochiamo sul serio, vuoi?

Oh, non sarei mai capace di starti dietro, pensò Ariane, non lo sono mai stata; ti ho sempre bruciata come una candela per illuminare la mia oscurità. – Ma ormai… oh, non so, forse non c’è niente.


La Saggezza della Luna 2

In quel momento la sua cagna nera entrò di corsa graffiando le assi del pavimento e arruffando i tappeti consunti; si strofinò alle ginocchia di Sylvie e poi, eccitata, cercò di appoggiare le zampe fangose su Ariane che indietreggiò innervosita. I cani non le piacevano, facevano troppa confusione.

E pensare che il libro è del 1993, quattordici anni prima dei boschi e dei cani neri.


La Saggezza della Luna 1

Sylvie non si curava di queste cose perché viveva lì e lì aveva le sue radici, mentre Ariane, legata al passato e carica di memorie sentiva un desiderio cieco e spasmodico di tornarvi. […] Nan era morta di un colpo fulminante, e Sylvie aveva continuato a vivere lì, padrona della casa e di quaranta ettari di terreno, il suo regno: tutti boschi.


“Scende la pioggia, ma che fa…”

…niente, non fa. Come se non ci fossimo abituati, peraltro.

Mi fanno un po’ male le mani, il lavoro di questi giorni è abbastanza elaborato rispetto agli standard a cui ero abituata, ma va benissimo così, il tempo vola – e anche se rimango sola con i miei pensieri, sono pensieri leggeri.
Oggi pomeriggio sono andata da sola a controllare i cavalli, adesso che sono al pascolo non c’è più bisogno di dar loro il fieno e basta una palettina di mangime a testa una volta ogni due giorni, giusto perché si tengano caldi. E’ stata una faccenda da 10 minuti, credo di aver passato più tempo in macchina nell’andare e tornare dal Boscon. Naturalmente sotto il diluvio… ma oggi, stranamente, andava bene così, ormai gli scarponi sono un’unica crosta di fango in perenne rinnovamento e la k-way fa parte dell’equipaggiamento della crePanda come la casacca catarifrangente. Hanno il loro fascino anche queste giornate cupe, con i boschi tutti grigi e la nebbia che scende dalla montagna… no? Questa l’ho scattata l’altro giorno:

Sarebbe stato bello mettere la cavezza a Naomi e andare a fare quattro passi, ci sono un sacco di caprioli lì in giro da stanare… è che mi sono presa un po’ tardi. Magari domani, che c’è la spensieratezza del venerdì. Voglio andare a cavallo, anche da sola, in silenzio, e prendermi anche solo un quarto d’ora per far finta di essere qualcun altro, in un mondo parallelo dove non esistono fabbriche e agenzie interinali.
Ad ogni modo, anche quei pochi minuti “di ronda” mi hanno messo un certo buon umore… persino il fatto che ci fosse un po’ di traffico non mi ha urtato particolarmente – non mi urta mai particolarmente se non ho fretta e non devo fare troppe rotatorie. Credo di aver trovato una certa intimità nella mia macchina, per cui non mi interessa se c’è colonna sulla statale, ascolto volentieri quel che passa l’iPhone e mi rilasso.

Credo che rileggerò per l’ennesima volta La Saggezza della Luna, anche a costo di rischiare che mi vengano nuove smanie di eremitaggio bucolico e nuove nostalgie per tutti quei bei progetti che avevo con Isabella tanti anni fa e che poi sono svaniti nel nulla. Magari poi scopro che lei mi manca ancora… ogni tanto penso ancora di scriverle, per chiederle se è ancora viva, se sta ancora con quell’uomo ganzo in sedia a rotelle, se si sono sposati, se lavora, mi piacerebbe dirle dei cavalli, ma alla fine non lo faccio mai perché in fondo non ne vedo il motivo. Non mi ha mai dato l’impressione che le facesse piacere tenere una corrispondenza…


“(suiit) driims ar meid ov dis”.

Ho ricominciato ad essere meno lagnosa e a fare sogni piacevoli… quattro notti fa (naturalmente prendo sempre nota) ero un mago mercenario incaricato di recuperare una bambina, figlia di un nobile del luogo, che veniva tenuta nascosta in una specie di monastero. Di stanotte invece ho ricordi molto più vividi, facevo l’orfanella nella casa di un uomo benestante che, non era ben chiaro se per genuina filantropia o per altri fini più reconditi, dava vitto, alloggio e buona educazione ad un certo numeri di giovani e giovanissimi sventurati. Una sorta di Anafiel Delaunay con svariati protetti in più, nonché molto più riservato ed impegnato, tant’è che in casa lo si vedeva pochissimo. Però ci piaceva, lo amavamo veramente, specialmente noi più “grandicelli” – sia per età anagrafica che per anzianità di adozione. Che poi stamani al lavoro ci ho rimuginato su perché ero di nuovo sola soletta in linea a collaudare pezzi cinesi… quello tra noi non era propriamente un rapporto padre/figli. Non con me quantomeno, lo sapevo; del resto comincio ad essere troppo cresciuta per rientrare sempre nel ruolo della ragazzina. Ad ogni modo, me ne stavo in un salottino molto elegante a leggere un libro, con me c’era un ragazzo pressapoco della mia età e altri due decisamente più piccoli, quando venivano i domestici ad avvertire che “il signore” (che io tra un EM2172DAV53XOSX e l’altro ho ribattezzato Vengard van Ruyven) era rientrato e desiderava cenare con tutti quanti noi. I bambini correvano subito al piano di sotto, io invece sapevo che dovevo rendermi presentabile, mi ricordo di aver avuto almeno tre o quattro abiti diversi spiegati sul letto davanti a me – e uno era quello verde/blu che avevo all’handfasting di Nicoletta – e di essere stata totalmente indecisa su quale indossare. Alla fine avevo optato per un vestito molto sobrio color azzurro e rosa antico, ma continuavo a perdere in giro pezzi del corredo… del tipo che tiravo fuori un paio di calze, le appoggiavo da qualche parte e poi quando mi giravo erano svanite nel nulla; poi le ritrovavo e scompariva magari la collanina. Insomma alla fine ci stavo mettendo tanto di quel tempo che Lui veniva a vedere di persona che fine avessi fatto, e, non so, è stata emozione come mi guardava: non era arrabbiato, non era preoccupato, piuttosto era curioso, e aveva il fascino di Anafiel Delaunay davvero. Lì ho capito che doveva esserci dell’altro.
Poi niente, non mi ha nemmeno messo fretta, se n’è andato facendomi capire che non importava quanto ci avrei impiegato perché alla fine avrei fatto in modo che ne valesse la pena, e il sogno è sfumato così, lasciandomi qualche pensiero felice con cui passarmi la mattina.

Alla fine ho avuto la solita proroga di un mese, ma in più una plateale, stucchevole, oscenamente ipocrita leccata di culo. In pratica mi hanno chiesto di cambiare turno perché una delle ragazze passa in ufficio e quindi devono prenderne un’altra, tra quelle che fanno giornata, e metterla a turni; però l’unica disponibile a fare una cosa del genere è una (che tra l’altro poi ai primi di maggio se ne torna dove lavorava prima, mica scema) che è lì “solo” da gennaio e per di più da che è stata assunta ha fatto soltanto uno o due tipi di strumenti. Ci vuole qualcuno in grado di farle “il training”, come si suol dire nei nostri ambienti terribilmente all’avanguardia, anche per le altre linee… e questo qualcuno, al momento, è il ragazzo che si occupa del nostro turno. Insomma, oggi all’una e mezza mi sono sentita dire nientepopodimenoché

“Ci sarebbe uno squilibrio nel lavoro dei due facilitatori e quindi abbiamo proprio bisogno di una persona con la tua esperienza, se potessi accettare ci faresti un grandissimo favore”.

Oh sì, avrei dovuto davvero, davvero mandarli a praticare vicendevolmente una qualsivoglia forma di sodomia violenta. E’ vero che ormai di lavoro ne ho imparato tanto, ma non sono quella con più esperienza in assoluto, sono semplicemente quella con più esperienza tra quelle che se vogliono continuare a lavorare devono ingoiare rospi, santi e madonne.
Mi prende abbastanza male l’idea di mollare tutte le mie colleghe per prenderne altre che, nel migliore dei casi, mi stanno bonariamente indifferenti. Di buono c’è che tornerei a far coincidere i miei orari con quelli di Laura e ci guadagnerebbero moltissimo le uscite e le attività di gruppo infrasettimanali; e poi lo faccio per i cavalli, perché ognuno ha le sue bocche da sfamare.
Già so che “per consolarmi” prossimamente andrò a fare shopping… non so ancora di che genere, ma un paio di idee malsane già mi ronzano per la testa.

Oggi, come da previsioni, il maltempo ci ha dato momentanea tregua. Le nuvole in lontananza comunque parlano chiaro… dicono che ne avremo ininterrottamente fino al 25-26. Happiness!
Ogni tanto, quando sono giù di corda, mi consolo pensando proprio ai cavalli. A volta ho la netta sensazione di non aver ancora acquisito la piena consapevolezza del fatto che ci sono, che sono riuscita in maniera del tutto semplice ed insperata a realizzare uno dei miei (e dei nostri) progetti di vita, che SE IL TEMPO LO PERMETTESSE PORCAZOZZA potrei andare a cavallo nel bosco. A-cavallo-nel-bosco. Come faceva Lùrien nei racconti a quattro mani che scrivevo con Isabella – cioè praticamente l’Idillio a 360 gradi.

Domenica, perché pioveva, il nostro “ritiro bucolico” si è trasformato in un “ritiro e basta” in quella che sarà la futura casa di Laura a Sospirolo. Non c’è stata la passeggiata del silenzio, non c’è stata la meditazione sul prato, però abbiamo bevuto tanta tisana e tentato di fare una regressione con una traccia audio guidata di cui io non ricordo assolutamente NULLA. Ho proprio un buco, il vuoto siderale dal momento in cui la voce ci ha fatto visualizzare il giardino “di partenza” a che ha cominciato a richiamarci indietro per uscire dallo stato meditativo. Forse ho preso sonno… ma è successa la stessa identica cosa a Nicoletta; nessuna delle due peraltro ha avuto un risveglio progressivo, come quando ti appisoli, semplicemente una parentesi estremamente netta di niente. Ma neanche un pensiero, uno pseudo-sogno, uno di quei film mentali del dormiveglia… niente di niente. Chissà. Avrebbero dovuto farmi delle domande, magari avrei risposto. Chissà cosa avrei detto.


Coffee Power! Parte Seconda

Direttamente dal mio moleskine, stamattina:

Giorno 3 [della Settimana dai Presupposti Pessimi – NdA], stufa già alle 9, e inquieta al pensiero che mi basterebbe fare il caffè per cambiare radicalmente umore. Tento di non cedere… tutto questo è malsano. La mia giornata è malsana – e non avrei neanche idea di come fare per venirne fuori. Sto dando tutte le colpe al lavoro, ma mi rendo conto che non è detto che se vado via da lì poi le cose si risolvano in un batter d’occhio; certo i primi giorni me la godrò come se fossi in vacanza, però poi facilmente comincerò di nuovo a svegliarmi nel cuore della notte in preda alle ansie. Non so cosa augurarmi.
Non sento più voci, non sento più niente, ho ansia e fastidio a fare qualsiasi cosa, anche la più stupida.

Alle 9.30 ho preso il caffè, e nel giro di 15 minuti circa non solo il mondo ha ricominciato a sorridermi… è uscito persino il sole.
Non so se essere davvero inquieta o felice di aver trovato la soluzione al mio problema.


Coffee Power!

Primo giorno di quella che ha tutti i presupposti per essere una settimana (lavorativa) molto lunga, a dispetto del fatto che Pasquetta mi ha graziato di un lunedì.
Com’è successo anche sotto Natale, mi sento già disoccupata e di conseguenza non riesco a trovare grosse motivazioni per sopportare il lavoro. Sono sicura che ormai gli amici si saranno stancati di sentirmi ripetere che “stavolta mi lasciano a casa”, ma fa parte della mia preparazione psicologica alla cosa… non dico di presagirlo né di esserne sicura al 100%, mi limito a prendere atto delle circostanze: hanno congedato due persone con esperienza e, ormai, una certa “anzianità di servizio” mentre ne hanno riconfermata (seppure con una proroga di DUE SETTIMANE) una terza che era stata assunta a gennaio di quest’anno. Uno cosa dovrebbe aspettarsi?
Anche questo non mi aiuta gran che a trovare la voglia di lavorare. Non lì, quantomeno. Quindi niente, mi faccio i miei programmi proprio come se fosse la mia ultima settimana. Anche perché se non lo fosse, non è che emotivamente mi consolerebbe, anzi :S se sparano anche a me una proroga da 2 settimane, razionalmente posso dire ok, sono sempre un po’ di soldi e anche ok, magari è quel tanto che basta per uscire dal picco di non-lavoro, ma in realtà in fondo in fondo ci sto proprio uno schifo perché non sono mai stata veramente in grado di ragionare per “soccomunquesoldi”. Per me i soldi sono un mezzo, non un fine; io non lavoro per guadagnare, ma per poter spendere (e anche sperperare, ogni tanto, it is known). Probabilmente lo stipendo che prenderei per quelle fottute due settimane non varrebbe neanche lontanamente lo smaronamento galattico con cui sarò flagellata, è che non è mai stata vera la massima per cui la salute innanzitutto. Babbe’.

Ieri pomeriggio mi sono attivata prestino dopo pranzo e sono andata dai cavalli con Yuri per fare una passeggiata – una passeggiata un po’ misera, a dire il vero, perché uscire a cavallo è una cosa che richiede una certa disponibilità di tempo, soprattutto se le bestiacce sono coperte di fango e quindi vanno prima strigliate con una certa dovizia. Alle 3 e 10 più o meno sono ripartita per andare a recuperare Cristiana, e alle 3 e mezza circa eravamo a casa di Nicoletta per il pomeriggio Donne & Sims. Con Sims il tempo vola, non ci sono storie; ecco perché stamani sono in piedi dalle 8 ma non lo direi mai… mi odio, in questo momento. Non trovo neanche la voglia di farmi un caffè (ma tra un po’ ci riprovo, magari questa è tutta astinenza). In realtà ho la testa piena di idee, per racconti, per disegni, per cose da fare, solo che mi sgonfio come un materassino bucato – devo trovare una toppa. Con le belle giornate vorrei trascorrere più tempo all’aperto… domenica ad esempio è stato carino, siamo stati tutto il pomeriggio al Boscon, con Yuri che faceva girare suo fratello su Isabeau, e io e Cri intorno, con i cavalli che brucavano attaccati alla lunghina. Ho anche provato a montare a pelo sia su Isa che su Naomi, ma fa MALE >___< hanno la colonna vertebrale dura e spigolosa proprio dove uno ha meno voglia di sentire cose dure e spigolose. Non dico che sia come stare a cavalcioni sulla canna della mountain bike, però più o meno… almeno la bicicletta non sobbalza. Comunque era una cosa che andava provata, e quando avrò fatto un po’ più di muscoli sulle gambe da riuscire a stringere meglio, non è detto che non ci ritenti. Se ce la fanno i fantini del palio che sono tutti maschi… io non pretendo neanche di correre, vuoi che non si riesca a trovare un sistema per sopportare?

Nel frattempo, il caffè ha fatto miracoli. Preoccupante o____o


Sweetness Follows


Ritirando

Questo è il perfetto genere di domenica uggiosa da trascorrere litigando con i miei sussidi informatici… le mie comari hanno indetto un’altra sessione intensiva di Sims 3 collettivo per domani pomeriggio ed io non ho intenzione di perdermela. Alla faccia della Vita Quotidiana da Strega.
Ho soltanto avuto qualche problema quando stamattina ho realizzato che il lettore del mio portatile improvvisamente non ne vuol sapere dei DVD. Solo Cd-Rom. Ho risolto travasando files via hd esterno, ma è un bello scazzo e spero che Yuri in qualche modo, prima o poi, riesca a sistemarmelo. Alla fine ho trovato da comprare, su Origin, anche l’espansione Late Night… giusto perché avevo detto che avrei cercato di limitare le mie spese accessorie in vista del molto probabile non-rinnovo del contratto. Stavo per scrivere che ho le mani bucate, ma è Pasqua e mi sembra indelicato.

Ieri sera con le comari siamo riuscite a pianificare il nostro Primo Ritiro Bucolico Ufficiale per domenica prossima. Ci troveremo – meteo permettendo – al rustico, e il programma prevede qualche tisana, una passeggiata nel bosco, una meditazione/regressione con l’ausilio facoltativo di erbe e cristalli e una discussione di confronto e condivisione sui nostri rispettivi progressi.
Questo implica il fatto che dovrò impiegare i prossimi giorni nel tentativo di riordinare i pensieri; non solo quelli che ho in testa, ma anche quelli che ho sparso per blog e moleskine vari. Mi rendo conto che in questo ultimo periodo sono andata abbastanza in contrasto con quello che è uno dei presupposti della Cerva, ovvero il gruppo, il branco, la famiglia. Esattamente come l’anno scorso, con l’approssimarsi di Beltane, mi prende una specie di fastidio perché mi sento in qualche modo tagliata fuori da determinate situazioni (compresi quei casi in cui non mi è umanamente possibile gestirmi contemporaneamente un tot di esigenze) e mi urta il fatto che comunque, in qualche misura, la cosa mi fa restare male. Mi sento come se fosse sbagliato per me dipendere, per certi versi, da alcune persone… e allora preferisco restarmene un po’ sulle mie. Senza voler per forza dare l’impressione di stare tagliando i ponti con il mondo intero, anzi, però cerco un po’ meno compagnia e preferisco che sia la compagnia a cercare me. Sto cercando di imparare dalla Cerva, ma non sono una Cerva, lo vedo piuttosto come il metodo Stanislavskij applicato all’animale totem… non penso che potrebbe essere altrimenti.
Anche per questo credo che il Ritiro Bucolico mi farà Molto Bene.


Oh! Nanismi

Stanotte ho sognato di essere braccata da metà della famiglia Lannister, andiamo bene. Keep Calm and Team Tyrion!

Piove. Non tantissimo, forse ormai ha anche già smesso – il vetro di questa finestra è veramente sozzo, ma farò finta di niente e non mi avvicinerò strizzando gli occhi nel tentativo di guardare meglio – comunque un pochino ci voleva, è perfino uscita un’ordinanza del sindaco per limitare i consumi dell’acqua.

Sul fronte lavoro le cose stanno prendendo una brutta piega, oggi hanno lasciato a casa entrambe le persone in scadenza, di cui una che lavorava lì da quasi tre anni (li avrebbe fatti a novembre, se non ho capito male). Oh, beh, un pochino quella se l’è chiamata, secondo me… questo venerdì un sacco di gente si prenderà un giorno di permesso, e molti altri avrebbero voluto farlo se non fosse stato loro negato; non c’è gran che lavoro, ma quel poco qualcuno lo deve fare. Mi hanno detto che dall’ufficio qualcuno aveva anche proposto di mettersi d’accordo nel chiedere tutti un giorno di ferie, così si poteva tentare di proporre definitivamente che la produzione restasse chiusa… e questa persona che oggi hanno (vergognosamente, non si discute) silurato è stata una di quelle (poche) ad aver detto di no, che lei venerdì voleva andare a lavorare. Perché lei lo diceva spesso di essere indispensabile, lì dentro. Ah, gli Dei burloni! Può andarci al mio posto, se vuole… tanto è questione di un paio di settimane, poi sono a casa anche io.
Ci sono Cristiana e Sara che si fanno delle terrificanti full-immersion di Sims 3 Animali & Co. in questi giorni, riescono a perdersi via allo stesso pc anche per tutta la notte – tipo lunedì, che praticamente io andavo a lavorare e loro andavano a dormire. Anch’io voglio. Se rimango a casa, è una delle cose “categoria svago” che ho sicuramente intenzione di fare (l’altra sarebbe andare da Biki al maneggio a dare una mano in cambio di qualche dritta equestre).

Ho combinato un castrone in testa e adesso ho i capelli che verso le radici sono rosso-carotina e sulle lunghezze invece sfumano in una specie di ramato. Non è che sia brutto e qualcuno mi ha detto che mi stanno bene, però non è proprio proprio quello che avevo in mente… avevo preso un rosso ginger perché in teoria sul mio naturale doveva restare piuttosto scuro, invece evidentemente in fondo c’era ancora qualcosa dell’ultimo castano che avevo messo su (si parla ancora del dopo Mabon…) mentre in cima si sono bevuti la tinta così com’era, anche se non c’era decolorante. Adesso faccio il paio con mia mamma, praticamente. Oh, e anche con Isabeau, ho notato XD